Crescita e austerità: dritti verso la catastrofe?

Pubblicato il da tup

In questi giorni non smetto di notare l’insistenza con cui il presidente Monti e altri politici italiani ed europei associano i concetti di crescita e di austerità: dopo le misure di austerità occorrono misure per la crescita, il rigore deve essere accompagnato dalla ripresa dello sviluppo economico, e così via.

 

Lo noto in particolare perché in un libro che sto finendo di leggere proprio in questi giorni (Per un’abbondanza frugale di Serge Latouche, già citato in questo blog) si parla di tale associazione, e in termini decisamente negativi. Se già la crescita economica e industriale può rappresentare un problema in una società che sovrautilizza le risorse naturali del pianeta e vive rasentando l’orlo del collasso ecologico, associare alla crescita l’austerità è se possibile ancora più rischioso e problematico. Perché? Perché l’austerità si esercita sui cittadini, mentre la crescita riguarda le imprese, il PIL, i capitali.

Unire crescita e rigore significa rilanciare grandi imprenditori, banche e poteri finanziari nel momento stesso in cui i cittadini si vedono aumentare le tasse, ridurre i servizi e lievitare il costo dei beni di prima necessità. Se occorre una schematizzazione ancora più chiarificatrice, eccola: crescita a tutti i costi significa già di per sé scegliere la via del collasso ecologico, ma crescita più austerità significa correre verso il collasso ecologico con una popolazione mondiale divisa tra masse sempre più povere e una élite di privilegiati sempre più esclusiva e sempre più ricca. Significa andare verso la forma più estrema di capitalismo, una vera e propria dittatura del capitale.

 

Un quadro catastrofico, forse troppo, me ne rendo conto. Ma su cui vale almeno la pena di riflettere.

 

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