Perché scrivere

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Sul nuovo numero della rivista letteraria online Sagarana, un saggio del direttore Julio Monteiro Martins ci illumina sul senso dello scrivere in un'epoca dominata dal mercato editoriale. Non si scrive per pubblicare, è l'amaro ma necessario punto di partenza della sua riflessione.

Amaro, perché l'autore deve accettare la possibilità che quello che scrive non sia immediatamente pubblicato, o non lo sia mai, rassegnandosi a essere uno dei pochi o eventualmente l'unico lettore delle sue opere.

Ma necessario, perché permette di ridare senso all'atto della scrittura, senza subordinarlo al risultato della pubblicazione, oggi sempre più determinato da variabili che hanno poco a che vedere col valore letterario dell'opera. Il rischio non è solo quello di non scrivere più: è anche quello, forse più grave, di asservire la propria scrittura alle preferenze del mercato, diminuendone la qualità nel tentativo di piacere, di vendere.

 

E allora, ci dice Julio Monteiro Martins, ci sono molte buone ragioni per cui ha senso continuare a scrivere anche quando non si ha alcuna certezza di veder pubblicato il risultato della nostra scrittura. Alcune di queste ragioni mi sembrano davvero suggestive:

 

· Si scrive per riscrivere se stessi, trasformarsi, "ridare vita e un nuovo significato a un'auto-immagine ormai esausta e inefficace"

 

· Si scrive per stare in stretto contatto con la propria lingua, lasciarsi cullare dalle sue inflessioni e melodie, rispondendo contemporaneamente alle sfide che essa ci propone

 

· Si scrive per calarsi nello spirito geniale e avventuroso degli affabulatori, tenendo in vita un'antica tradizione e tramandandola ai posteri

 

· Soprattutto, si scrive "per capire o scoprire qualcosa, per riempire una lacuna reale finora sconosciuta o irrisolta", per allargare il panorama delle cose che conosciamo e comprendiamo

 

Alla luce di tutto questo, lo scrittore può rimanere fedele a se stesso soltanto continuando a scrivere, e proteggendo le sue crature letterarie dalle influenze e dalle ingerenze del mercato editoriale. Forse la sua opera sarà comunque pubblicata e apprezzata da un pubblico attento. Forse sarà riscoperta in un'epoca successiva, e acquisterà un valore nuovo in funzione del momento storico in cui viene letta. O forse no, forse è veramente destinata all'oblio. "Ma anche in questo caso, senz'altro frustrante, lo scrittore avrà fatto comunque la cosa giusta, poiché avrà rispettato la sua creatura e non avrà commesso alcuno scempio contro il meglio di sé stesso".

 

Volete leggere tutto il saggio? Cliccate qui.

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